La Vita di San Francesco di Paola

PREFAZIONE DELL’AUTORE

1. Tutto ciò che è stato scritto, è stato scritto a nostro ammaestramento, affinché, mediante la fermezza e il conforto della Sacra Scrittura, noi possiamo entrare nel possesso della speranza. Queste parole sono del glorioso S. Paolo nella Lettera ai Romani. A tale scopo ho pensato di raccontare nel presente compendio biografico alcuni episodi degni di essere ricordati, ad onore e lode del Creatore e della gloriosissima Vergine Maria, Madre di Dio. A ciò mi spinge il desiderio che i posteri battano meglio la via del bene, resistendo alle passioni e al peccato, imitando i virtuosi esempi, che vi saranno raccontati, di alcuni Servi di Dio, vissuti, come dirò più ampiamente, in grandi austerità e astinenze.

2. Narrerò prima la vita del santo uomo Frate Francesco di Paola, primo padre e fondatore dei Frati Minimi; e poi, di mano in mano, altri fatti, sia di ciò che io stesso ho visto, sia di quello che ho saputo e capito attraverso il racconto di Religiosi e di altre persone degne di fede. Ciò con l’aiuto di Dio, senza il quale non possiamo fare e neppure pensare alcunché di buono.

CAPITOLO I

S. Francesco di Paola. Nascita. Infanzia. Adolescenza

1. C’era in Italia un venerando Padre, di nome Francesco di Paola, di cui s’è sopra parlato; nacque verso il 1416 nella città di Paola, in Calabria. Suo padre si chiamava Giacomo di Salicone, la madre Vienna. Benché fossero semplici secolari, vivevano tuttavia da religiosi. Infatti, dopo essere stati per lungo tempo senza figli, imploravano spesso l’aiuto di Dio e dei Santi di Assisi, pregando con insistenza e con lagrime piene di devozione, facendo generose elemosine e digiunip er l’amore di Dio, affinché si degnasse di mandar loro prole. Qualora fosse un maschio, decisero di consacrarlo al Signore per tutto il tempo della sua vita. E Dio li esaudì, donando loro un bel maschietto. Quando uscì dal seno materno, aveva un occhio solo. Ciò che avvenne dopo, ebbe del miracoloso. Appena la sua devota madre si diede alla preghiera, un po’ afflitta per quell’inconveniente – implorando il soccorso del glorioso S. Francesco d’Assisi e promettendo (dietro consiglio dell’ostetrica) che, se riavesse sano l’altro occhio, il bimbo avrebbe indossato l’abito di S. Francesco per un anno e anche più, se fosse portato dalla sua devozione a indossare un tale abito – istantaneamente ottenne la perfetta guarigione della vista, come se in essa prima non ci fosse stato alcun male. Per questo motivo, i suoi genitori, glorificando Dio e ringraziandolo unitamente a S. Francesco, gli diedero il nome del glorioso S. Francesco, per la cui intercessione credevano di averlo ottenuto da Dio.

3. La virtuosa Madre con tenerezza lo nutrì col suo latte per infondergli un’indole buona. Essa poi e suo marito, considerando che non ci sarebbero riusciti ad avere altri figli, vissero insieme per trent’anni col voto di castità, senza cedere alla concupiscenza, che non giova à nulla. Ma dietro l’esempio di S. Paolo, si studiavano di sottomettere la carne allo spirito, con digiuni, veglie e astinenze. Giacomo, poi, si percuoteva, ogni notte, con funicelle nodose, dinanzi alle chiese che sorgevano fuori della città di Paola e che egli visitava di notte. Non mangiava frutta; e, anche quando gli si regalava qualcosa da mangiare, non l’accettava se non conosceva prima la provenienza, ripetendo con il giusto Tobia che a nessuno è consentito mangiare, e nemmeno toccare, cosa alcuna rubata. Dio infine volle concedere a Vienna una grazia talmente grande, da farle conoscere, venti anni prima della sua morte, il giorno in cui sarebbe spirata.

CAPITOLO II

Adempimento del voto nel convento dei Frati Minori di S. Marco Argentano, e pellegrinaggio ad Assisi.

1. Frate Francesco da Paola, educato fin dall’infanzia dai suoi genitori, non si rese mai meritevole di riprensione alcuna; anzi cresceva, di giorno in giorno, in età, sapienza e in buoni costumi dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini; sicché quanti lo osservavano ne restavano ammirati, considerando in cuor loro che qualcosa di grande si sarebbe verificata in seguito nella vita del giovinetto. E allorché Francesco giunse all’età di quindici anni, fu avvisato del voto fatto dai suoi genitori, e senz’altro volle compierlo. A tale scopo fu accompagnato dai suoi genitori al Convento di S. Francesco in S. Marco, al quale sua madre lo aveva promesso a Dio con voto. Vestì devotamente il saio francescano, come già ho detto, all’età di quindici anni. Detto addio al padre e alla madre, rimase li con i Frati, servendo umilmente il Signore e quei Religiosi. Disimpegnava tutti gli uffici più umili del Convento (per esempio, quello di sagrestano, dispensiere, ecc.). Così narrano quei Religiosi.

2. Si recava spesso nei boschi a far legna, andava a chiedere l’elemosina per quei Religiosi. Nonostante ciò, attendeva pure all’orazione, quasi per tutta la notte, prostrato dinanzi a Gesù Crocifisso o davanti ad un’immagine della Madonna oppure di San Francesco. Quell’anno lasciò da parte ogni abito secolare – mutande, camicie, ecc. -, eccetto uno di stoffa spregevole, e incominciò a vivere di strettissimo magro, mentre gli altri mangiavano carne e altri cibi. Tale regime di vita egli mantenne scrupolosamente fino ad oggi, anno 1502, in cui ho scritto questo compendio biografico. Tanto sacrificio il nostro giovinetto riuscì a compiere con l’aiuto speciale di Dio, al quale nulla è impossibile. Per questo motivo non solo quei Religiosi, ammirandone la perseveranza, si sentivano spinti ad esser più devoti e ad amarlo, ma anche lo stesso Vescovo della Diocesi; tanto che questi desiderava vederlo e parlargli.

3. Ma il Signore lo aveva predestinato a cose maggiori. Passato l’anno e compiuto il voto, volle partire. I Religiosi del suddetto Convento di S. Marco, profondamente addolorati, lo pregavano, quasi piangendo per la sua futura assenza, perché si decidesse a rimanere con loro, promettendogli tutto. Ma il Servo di Dio, Frate Francesco, umilmente scusandosi, diceva di non poterli accontentare: non era questa la volontà di Dio. Accomiatatosi, perciò, da quei Religiosi, partì.

4. Passando per Assisi, si recò a Roma per visitarvi i luoghi santi. Ivi s’incontrò a caso con un Cardinale, che andavaaccompagnato da un grande corteo e con grande sfarzo di abiti. Con innocente disinvoltura Francesco gli disse: «Gli Apostoli di Gesù Cristo non andavano con tanto lusso». Il Cardinale, ponderando la grande fermezza con cui il giovinetto diceva queste parole, gli rispose dolcemente: «Figlio mio, non te ne scandalizzare. Se non facessimo così, la Chiesa scapiterebbe alquanto nella stima dei secolari».

5. Il buon Padre, andando più oltre, visitò eremitaggi e santuari, a somiglianza di S. Antonio, per apprendere anche le virtù di ciascuno di quei monaci.

CAPITOLO III

Periodi della sua vita eremitica, e inizio di quella cenobitica.

1. Con l’intenzione determinata di menare una vita solitaria, si ritirò in un podere di suo padre, distante quasi un chilometro da Paola. I genitori gli procuravano il necessario. Ma, per il gran numero della gente che passava di là, non gli era possibile attendere agevolmente al servizio di Dio; perciò se ne allontanò, per ritirarsi in un altro podere molto solitario messogli a disposizione da una sua congiunta. Ivi, trovando una zappa atta a scavare la terra, cominciò a scavare e ne ricavò una piccola grotta o capannuccia, capace di ospitare il suo corpicciuolo. Indi, coi mezzi dei genitori, costruì una bella chiesetta, con tre celle o camerette; e vi rimase per lungo tempo, senz’altra abitazione, digiunando, pregando e disciplinandosi.

2. Secondo quanto mi ha fatto conoscere Frate Baldasarre di Spigno, dottore in diritto civile e canonico, confessore di Papa Innocenzo, il buon Padre Francesco visse per lo spazio di quattro anni cibandosi di erbe crude, che la terra produceva.

Questo non deve stupirci: Dio può operare cose molto grandi nei suoi Santi. Molti, poi, appartenenti a diverse classi sociali, andavano a visitarlo per prendere e seguire i suoi consigli, sia per cose spirituali che per quelle materiali, e ne tornavano consolati. Poiché Dio cominciava ad esaltare il suo Servo, questi operava tanti prodigi, che sarebbe troppo lungo narrare. Ne spiegherò alcuni a incoraggiamento dei suoi devoti e anche dei suoi figli spirituali.

3. Molti, spronati dalla sua vita virtuosa, rinunziarono al mondo e menarono un vita solitaria, mettendosi al suo seguito. Perciò, cominciò a Paola la costruzione del primo Convento per accogliere questi suoi primi Religiosi. L’iniziativa fu incoraggiata dal buon Vescovo di Cosenza, il quale, personalmente e con grande solennità, ne pose la prima pietra assieme ad una croce, concedendo al buon Padre Francesco di Paola parecchi privilegi straordinari, valevoli per tutta la Diocesi e confermati da Papa Sisto. Inoltre, lo autorizzò a ricevere e vestire del suo saio eremitico tutti coloro che santamente lo desiderassero, e a dare loro un regolamento di vita. Gli diede anche altre facoltà, come possiamo rilevare dalle relative Bolle, fatte all’uopo per insistenza di Frate Baldasarre di Spigno, inviato a Roma a tale scopo dal buon Padre.

CAPITOLO IV

Costruzione del convento di Paola, e virtù del Santo.

1. Sia gli uomini che le donne più ragguardevoli di Paola gli portavano tanta riverenza, da obbedirgli in tutto. Molte signore lo aiutavano non solo con le loro elargizioni, ma anche lavorando con le loro mani, trasportando pietre, nonostante che vestissero di seta, per fare cosa grata al Servo di Dio, il quale raccomandava loro di osservare il sacramento del matrimonio, aggiungendo altre sante esortazioni, con cui ne ottenne la rinuncia allo strascico delle vesti e ad altre vanità femminili. Quanti erano nella possibilità di prestare il loro aiuto alla costruzione di tale Convento, si reputavano felici.

2. Quanti vestivano il suo saio, lo ricevevano con gioia; a loro egli diede una Regola e un modo di vivere in povertà, castità e obbedienza osservando per tutto il tempo della loro vita una vita quaresimale. Egli stesso, seguendo il consiglio dell’Apostolo a Timoteo, in ogni sua azione era esempio di virtù. Di giorno lavorava per più di sei persone; digiunava ogni giorno, e mangiava, verso il tramonto, molto poco, quanto per sostenersi. Camminava a piedi nudi e non beveva vino. Dormiva molto poco, per attendere all’orazione. Il suo letto era una ruvida tavola di legno alquanto inclinata: dormiva molto spesso in piedi o seduto o coricato. Non mangiava pesce, e prendeva, molto tardi, soltanto un po’ di minestra di legumi, mentre ai suoi Religiosi consentiva di mangiare qualsiasi cibo di magro. Menava, insomma, una vita talmente austera, che nessuno dei suoi Religiosi riusciva a seguirla. Non si tagliò mai la barba e neppure i capelli. La sua biancheria personale più intima era il cilizio. Durante la Quaresima, nelle Vigilie e durante l’Avvento, in gran parte, osservava il digiuno a pane ed acqua.

3. Serbò sempre, con animo costante, la verginità. Infatti, egli era puro ed integro, come un bimbo ancora poppante. Schivava le donne e raccomandava, in modo speciale, ai suoi Religiosi di evitarle, specie se monache e le altre che ostentano devozione. E soleva dire che le donne e il denaro spingono alla concupiscenza e infiammano i Servi di Dio. Per questo, proibì nella sua Regola di toccare denaro; ed egli stesso non ne toccò fin dall’età di quindici o sedici anni, cioè da quando cominciò a vivere da eremita. Aveva un’umiltà così grande, che desiderava essere comandato anziché comandare; e nell’adoperarsi ai bisogni di ciascuno dimostrava di operare per puro amor di Dio. Era straordinariamente umile; perciò amava frequentare i semplici, i piccoli più che i grandi. Non stimava il ricco più del povero né il nobile più della persona più modesta e di nessun conto, ma era con tutti uguale, senza preferenze di sorta. Agiva con tanta prudenza, che nessuno riusciva a dargli alcun biasimo per alcuna cosa, quantunque avesse parecchi nemici e gente che cercava d’ingannarlo! Ma chi è custodito da Dio ha la migliore protezione, e non gli si può resistere. Persuase suo padre, di cui abbiamo già parlato, a seguirlo; e, quando Giacomo, al suono dell’avemaria seròtina, dopo la recita di compieta, rese l’anima a Dio tra le mani di Francesco, questi personalmente gli diede sepoltura nel Convento di Paola. Tanto avvenne dopo di aver servito quei Religiosi in qualità di Fratello Oblato. Mori in età molto avanzata e nella pace del Signore, pieno di opere buone.

CAPITOLO V

Miracoli operati nel convento di Paola.

1. Quando iniziarono la costruzione del Convento di Paola, il buon Padre fece costruire una fornace per la calce. Or avvenne che, per il sovraccarico e per l’essere stata tenuta accesa dalla mattina fino alla notte compresa, si staccarono diverse pietre dalle pareti, tanto che l’intera fornace stava per crollare. Quando già la parte interna stava per cadere, venne chiamato il buon Padre, che era nella sua celletta. Gli fu comunicato che la fornace stava cadendo. Appena saputolo, il Padre si recò a vederla. Disse a tutti che andassero a mangiare; ubbidirono. Il Padre rimase solo. Il mastro muratore era stato un po’ assente; ritornato vide il buon Padre uscire illeso dalla fornace; la fornace la trovò intatta come prima. Gli disse, allora, il buon Padre: «Gettate, gettate la legna nella fornace». Questo miracolo è stato narrato da parecchi, e attestato dallo stesso muratore, che si trovava lì a fare la calce.

2. Un’altra volta, un suo buono e caro amico, di nome mastr’Antonio Di Donato, andava con lui attraverso i boschi; or avvenne che un masso si staccò da un monte e andò a colpire mastr’Antonio ad un ginocchio in modo così grave da romperglielo. Il buon Padre, allora, mosso a compassione, stese la sua mano sul ginocchio di mastr’Antonio, il quale all’istante si accorse di essere sano nel ginocchio colpito, come era nell’altro.

3. Un’altra volta, mentre il buon Padre camminava per i boschi, trovò un piccolo cerbiatto, che i cacciatori volevano prendere. Francesco gli staccò una parte di orecchio e lo lasciò in libertà, e a quanti erano presenti vietò di toccarlo in alcun modo. Dopo un lungo tempo, mentre inseguivano quel cervo per prenderlo, esso fuggi al Convento, e proprio sotto la cella del buon Padre; accompagnava Francesco in chiesa e dovunque andasse; ne leccava il saio, facendogli festa come a suo difensore. Francesco lo riconosceva dal taglio che gli aveva fatto all’orecchio. Ma, poiché gli operai del Convento non avevano di che mangiare, ne fecero richiesta al buon Padre, che, vinto dalle loro insistenze, lo rilasciò a malincuore. Oggi ancora se ne conserva la pelle nel Convento di Paola; a ricordo del fatto suddetto.

4. Mastr’Antonio Di Donato dormiva nel Convento di Paola; si alzò, una notte, per andare al suo lavoro. Durante il cammino, s’imbatté nel buon Padre, che gli disse: “Per carità, torna in camera tua». E quegli obbedi. Ciò nonostante, la cosa gli fece sorgere la curiosità, per qual motivo il buon Padre lo avesse fatto tornare indietro. Per questo, uscì fuori, e vide la valle, dove si trovava Francesco, tutta in fiamme e illuminata; quindi se ne tornò in camera frettolosamente e tutto pieno di spavento.

5. Un’altra volta, mentre lo stesso mastr’Antonio era nel Convento di Paola, venne un muto dalle parti orientali della Calabria, da una località vicino Crotone. La notte seguente al suo arrivo con i suoi genitori, il buon Padre si alzò e lo accompagnò in chiesa, con molte candele. Mentre egli pregava, il muto acquistò istantaneamente l’uso della lingua. Fattosi giorno, lo fece andare a casa sua coi suoi genitori.

6. Un’altra volta, mentre faceva costruire le celle dei suoi Frati del Convento di Paola, i Religiosi che trasportavano pietre, nel luogo dove prendevano le pietre trovarono una quantità di mosche, che chiamavano vespe. Queste, al rimuover le pietre, cominciarono a stridere molto acutamente, sollevandosi in modo tale che i Frati si misero a fuggire; recatisi del buon Padre, che stava lavorando per la costruzione di dette celle, gli raccontarono il fatto. Allora si recò sul posto dove erano le vespe, e ingiunse ai Religiosi di andarsene. Il che fecero per obbedirgli. Io N. N., però, mi nascosi dietro la porta, per sapere che cosa volesse fare. Lo vidi, allora, mentre prendeva quelle vespe e le portava nel bosco, molto vicino al Convento. E da allora non furono più viste.

CAPITOLO VI

Altri miracoli operati anche nel convento di Paola.

1. Un altro miracolo più strepitoso. Una volta gli furono portati dei pesci in un canestro, tenuto stretto con erbe; erano tutti morti. Proprio quel giorno era venuto il Vescovo di Cosenza. Il buon Padre disse all’uomo che glieli aveva portati: «Sei venuto proprio all’ora giusta. Andiamo a lavarli, per offrirne al Signore». E tutti e due si recarono insieme alla fontana, che scorre nell’interno del Convento. Mentre incominciavano a lavare quei pesci, il primo che il buon Padre prese per lavarlo, ritornò a vita in quell’istante, e fu lasciato in quella vasca, dove continuò a vivere per parecchi anni.

2. Un’altra volta presentarono al buon Padre una lettera, ed egli la porse a Frate Baldasarre di Spigno perché la leggesse, e lettala, gliene esponesse la sostanza. Dopo che la ebbe letta, Frate Baldasarre andò in cucina, ed ivi vide il buon Padre mentre teneva sul fuoco la padella, piena di olio, in cui stava friggendo pesce. Gli disse Frate Baldasarre: Cosa fate, Padre mio?. E il buon Padre gli rispose che stava friggendo del pesce per lui. Soggiunse Frate Baldasarre: «Ma è tutto bruciato: toglietelo di là». E Francesco mise a terra la padella; poi mise la sua mano nella padella piena di olio bollente, senza che ne riportasse lesione alcuna o la più lieve scottatura.

3. Un’altra volta accadde che un fuggiasco, il quale aveva ucciso un uomo, corse al Convento per asilo. Caduto infermo, il buon Padre raccomandò ai suoi Religiosi di curare bene quell’infelice. Anzi, preparò lui stesso latte di mandorle; introdusse tutte e due le mani nell’acqua bollente, per seguirne con maggiore attenzione la cottura, e sbucciarle poi con molta facilità. Nel fare questo, non ebbe alcun danno.

4. Un’altra volta, un Frate minore, di nome Antonio Scozzetta, venne a fargli visita e gli disse che non agiva bene dando agli infermi mele, pere, ecc.; ciò era competenza dei medici. Allora il buon Padre lo accompagnò perché si riscaldasse, dato che non si sentiva bene. Il buon Padre prese tra le mani brace e carboni accesi e gli disse: «Riscaldatevi, fratello! È necessario che si compia la volontà di Dio». Il buon Padre non sentiva né grande né piccolo calore.

5. Un’altra volta, mentre lavorava nel Convento di Paola, trasportava via la terra dal luogo, ove adesso c’è l’altare maggiore. Venuta l’ora di andare a pranzo, vi rimase solo il buon Padre. E dopo che i Religiosi finirono di mangiare, ritornò da lui solo Frate Nicola da S. Lucido, il quale, nell’avvicinarsi al buon Padre, lo vide che lavorava ancora nello stesso posto, ma sulla testa aveva una corona simile a quella che porta il Papa, risplendente di vari colori. A quella vista, ne restò meravigliato, e corse subito a confidano ad un altro Frate, di nome Fiorentino; tutti e due, subito dopo furono di nuovo testimoni della stessa visione. Ritornati, chiamarono un Fratello Oblato, di nome Angelo da Saracena; e vista di nuovo la stessa visione, se ne ritornarono del tutto spaventati.

CAPITOLO VII

Ritratto fisico e morale di S. Francesco

1. Il buon Padre, S. Francesco, portava la barba e i capelli abbastanza lunghi, cioè né troppo lunghi né troppo corti; come ho già detto, non se li fece mai tagliare. Era di corporatura sufficientemente grossa e di forte costituzione. Quantunque vivesse in grande astinenza, godeva tuttavia florida salute, rubicondo nel volto come se avesse mangiato ogni giorno cibi squisiti. Esternamente sembrava grasso, mentre in realtà era ossa e pelle. Da ciò si poteva argomentare che in lui risplendeva la grazia di Dio. Somigliava a S. Antonio, così come viene generalmente dipinto. Fuggiva soprattutto la vanagloria e l’ipocrisia. Le sue opere buone (per esempio, digiuni, astinenze e preghiere) le faceva in segreto, di modo che difficilmente potevano essere avvertite, tranne da coloro i quali ben sapevano che egli operava queste cose. Austero con se stesso, era generoso e accondiscendente con gli altri; e in particolare, di specchiata prudenza in tutte le sue azioni. Era benigno e servizievole con tutti, sia con i secolari che con gli stessi suoi Religiosi. Non c’era persona che si recasse da lui per chiedere consigli o per qualche afflizione senza che tornasse interamente confortato, lieto e soddisfatto per le risposte da lui ricevute. Gl’infermi, come ben risulta da ciò che ho narrato, venivano guariti dalle sue preghiere.

2. Coi suoi Religiosi era terribile in volto come un leone e terribile nelle parole con le sue minacce. Affettuosamente paterno invece, e tutto benigno era con gli umili e i pentiti. E si mostrava terribile per conservare nel timore quelli che non erano venuti meno al loro dovere. Cercava di scusare i colpevoli, allorché erano accusati dagli altri, durante la loro assenza; e non usava punizioni troppo severe. Richiamava gli ostinati con parole dolci e altri buoni espedienti. Amava quelli che lo perseguitavano, più degli altri, dando loro ogni prova di affetto più che a coloro i quali lo lodavano o cercavano di adularlo.

3. Non parlava mai male di nessuno; anzi, prendeva d’occhio e riprendeva severamente coloro che volentieri prestavano orecchie ai detrattori. Odiava il vizio di tagliarli i panni addosso, e allontanava i maldicenti, scusando quelli dei quali sparlavano; provava invece un vero godimento nell’ascoltare coloro che parlavano bene degli altri.

4. In tutte le sue azioni aveva sempre sulle labbra la parola carità, dicendo: «Facciamo per carità, andiamo per carità». E questo non ci deve affatto stupire: la bocca parla secondo ciò che c’è in cuore, cioè: chi è pieno di carità, non può parlare se non di carità.

5. Nutriva una particolare devozione a Gesù Sacramentato, e spesso ascoltava tutte le Messe del Convento, e non tralasciava mai di assistere a quella dell’alba. Sentiva profondo rispetto verso i Sacerdoti, baciandone le sacre mani al termine della Messa. Stava attento, in modo speciale, a che le lampade della chiesa rimanessero sempre accese e fossero sempre in pronto gli oggetti concernenti il divino servizio.

6. Per boschi e per rovi andava a piedi nudi, senza cioè calzature di sorta, come attestano coloro che lo videro in Italia; eppure non lo videro mai estrarre spine o altro del genere dai suoi piedi. Eppure una volta passò per un luogo pieno di rovi e spine, attraverso cui i buoi non sarebbero potuti passare senza subirne danno.

CAPITOLO VIII

Altri miracoli operati in Italia. Sua straordinaria astinenza. Molte prodigiose guarigioni.

1. Un’altra volta, si trovava nel solito bosco con molti uomini, che si erano recati colà per prestargli la loro opera, e fareciò che era lì necessario fare. Essi erano già molto stanchi per l’intenso lavoro in favore del Convento. Questo facevano solo per amor di Dio, cioè senza paga. Allora non avevano nulla da bere. Tra quelli che accompagnavano il buon Padre, c’era uno, mastro Antonio, che aveva un fiasco di vino, ma bastava a far bere due uomini, una sola volta. Il buon Padre gli chiese se ci fosse vino nel fiasco. Quegli gli rispose che ce n’era un poco per sé. E il buon Padre gli disse: «Per carità, datemelo». Glielo diede. Francesco fece bere prima lui, poi gli altri, finché ne furono sazi, e ancora nel fiasco ce n’era. È stato lo stesso mastr’Antonio a narrarmi questo miracolo.

2. Cose grandi e miracolose faceva il buon Padre, con la grazia di Dio, al quale nulla è impossibile. Difatti, oltre a digiunare ogni giorno, spesso restava in Convento e chiuso nella sua cella, senza prendere alcun nutrimento; nessuno, infatti, riuscì allora a coglierlo mentre prendeva cibo. Rimaneva così per lo spazio di otto giorni, qualche volta di dodici, e anche di più, come anche di meno.

3. Fra Fiorentino, che come ho già narrato, vide quella corona, dice e afferma che, agli inizi del Convento di Paola, il buon Padre rimase, per tutto il tempo della Quaresima, chiuso nella sua cella, e nessuno, per quanto sappia, poté venire a conoscenza nè accorgersi che egli avesse avuto qualcosa da bere o da mangiare. Durante questo tempo, i Paolani spesso andavano alla porta della sua cella per romperla, pensando e credendo che egli fosse morto. Ma una volta, quando cominciarono a romperla, il buon Padre con un segno fece capire che non era morto. Allora quegli uomini se ne stettero tranquilli, e anche i Frati rimasero tutti stupiti.

4. Inoltre, bisogna sapere che Dio onnipotente, per le preci e l’intercessione del buon Padre, sanò tante persone, di diverse categorie, da varie infermità (per esempio, da fistole, febbri, dolori di testa e da altri mali): guarigioni miracolose che sarebbe quasi impossibile enumerare. Comunque, ne riferirò alcune, su cui sono stato ben informato.

5. Una volta il principe di Bisignano (chiamato pure Conte di Chiaromonte), del seguito del Re di Francia, aveva il figlio che aveva contratto una malattia, comunemente indicata “morbo di S. Giovanni” (cioè, epilessia), per cui si cade a terra, si grida, ci si lamenta, si caccia schiuma dalla bocca, si gesticola in maniera spaventosa finché la crisi colpisce il malato; non lo colpisce se non a periodi, a seconda delle fasi lunari. Il malato sembra come invasato dal demonio. Il giovanetto, raccomandato al buon Padre, ne fu in breve guarito. Un uomo, paralitico da molti anni, veniva portato, come su di una portantina, su due bastoni; dopo di aver parlato col buon Padre e ottenuta immediata risposta, fu all’istante risanato perfettamente; tanto che poté tornare a casa sua del tutto guarito, senza l’aiuto di Francesco. Io, che sto scrivendo questo, ho parlato con questa persona e mi ha affermato che il miracolo in oggetto è vero.

6. Un cappellano, chiamato don Matteo, venne da una città chiamata Rossano, distante da Paola un giorno e mezzo di cammino. Questi comunicò al buon Padre che in quella città c’erano due donne ammalate, delle quali una era anche sorda; le raccomandò caldamente alle preghiere del buon Padre, il quale gli rispose: «Portate questo alla sorda, questo all’altra». E poi soggiunse il buon Padre: «La sorda guarirà, ma poi si ammalerà un’altra volta dello stesso male; ma, dopo breve tempo, tornerà ad essere sana come prima. L’altra, invece, non potrà essere guarita, perché non ha fede». Tanto mi fa conoscere il cappellano, don Matteo, uomo dabbene, attestando che le cose si verificarono così come aveva detto il buon Padre.

7. Francesco, quando dimorava nel Convento di Corigliano, vide una donna che da diciotto anni non si confessava: aveva fatto morire molti bambini, e aveva deciso di ucciderne ancora. Il buon Padre, appena la vide, quantunque non l’avesse mai vista prima e non avesse mai sentito parlare di lei, disse al Religioso che lo accompagnava, Frate Francesco da S. Agata: «Sappi che quella donna ha commesso molti delitti». Poco dopo la donna venne a parlare col buon Padre, il quale le disse severamente: «Non vi bastano i delitti, già da voi commessi; ma ne volete commettere ancora più di prima». E riprendendola severamente, le disse: «Per carità, andate a confessarvi». Quella sciagurata confessò dinanzi a lui, pubblicamente, i suoi peccati e la volontà di volerne commettere ancora, come le aveva rivelato il buon Padre. Dopo, la donna rimise sulla buona via.

CAPITOLO IX

Altre guarigioni miracolose. Figli avuti per le preghiere del Santo. Profezie avverate.

1. Un’altra volta, a un barone del territorio tra Messina e Milazzo, in cui allora avevamo un Convento, accadde un inconveniente talmente grave allo stinco, che i medici, dietro consulto, avevano deciso a unanimità di fargliela amputare, per poterlo salvare. Allora il barone mandò al Convento, come ad un rifugio per tutti, delle persone, per pregare quei Religiosi di volergli inviare qualche devozione del buon Padre, nel caso che ne avessero ancora. E gli fu mandata una candela benedetta dal buon Padre. Appena l’ebbe in mano, l’infermo la ravvolse intorno alla gamba malata, confidando nella protezione del buon Padre. Fatto questo, se ne andò a letto. A mezzanotte, svegliatosi, si accorse di avere perfettamente la gamba guarita. Sono stati quei Religiosi a narrarmi questo miracolo.

2. Molti altri miracoli, ha fatto il buon Dio, dovuti alle preghiere del suo buon Servo, per mezzo di dette candele (portando, ad esempio, aiuto ai naviganti, alle donne incinte e molti altri). Sarei troppo lungo, se li volessi narrare.

3. Una donna anziana, che non aveva figli, venne dal buon Padre e gli disse: «Sono molto afflitta, perché, quantunque (grazie a Dio) abbia molti beni, non ho figli a cui poterli lasciare». Le rispose il buon Padre: «Andate, per carità! Dio provvederà». E difatti, poco dopo, rimase incinta e diede alla luce un bel maschietto, che fece chiamare Francesco. Me lo ha narrato la donna stessa. Molte altre donne, per le preghiere intense del buon Padre, hanno avuto figli.

4. Parimenti, un’altra volta, il Principe di Salerno mandò a tale scopo un’ambasceria al buon Padre, fino in Francia; la risposta gli giunse subito: sua moglie concepì ed ebbe un bel figlio. Anche a Padula, Matteo Coppola confidò al buon Padre che la moglie era sterile, e per questo l’uno e l’altra erano molto abbattuti. Appena tornato a casa, la moglie concepì e poi partorì. È stato lo stesso Matteo a narrare questo miracolo a Frate Matteo da Barsigny, dimorando a Tours.

5. Un’altra volta accadde che un Religioso, morso da un serpente, andò dal buon Padre per mostrargli la ferita. Francesco gli rispose: «Abbiamo da Dio il privilegio, grazie al quale non ci può nuocere nessun serpente e nessun veleno».

6. Un altro giorno, venne il servitore di un marinaio, di nome mastro Santo di Lochin, il quale, mentre in un bosco tagliava del legname per costruire navi, fu morso da un serpente. Si recò allora dal buon Padre mostrandogli la ferita. Vistala, il buon Padre ne fasciò il dito con la corteccia di ginestra; poi gli disse: «Andate!». E poco dopo fu risanato. Me lo ha narrato il servitore stesso.

7. Un’altra volta, un figlio di un prete di rito greco, di nome Fabrizio, nativo di Rossano, infetto gravemente dalla lebbra, venne al Convento di Paola e vi rimase per molto tempo. Ed io vi trovai quel Frate N. N., quando mi ci recai per farmi Religioso. Il giorno, poi, in cui ritornai per vestire il saio, lo vidi perfettamente sano e guarito, tranne le cicatrici che si vedevano chiaramente per tutto il corpo; ma nulla più aveva del suo male.

8. È certo che, in più di venti anni prima della sua andata in Francia, il buon Padre diceva sovente ai suoi Religiosi (tra i quali c’ero io N. N.) che sarebbero partiti per un paese lontano; non avrebbero capito la lingua del paese né gli uomini di quel paese avrebbero capito la loro. Gli dicemmo: «O buon Padre, giacché non riusciremo a capire la loro lingua ed essi pure non riusciranno a capire la nostra, perché vuoi che andiamo là e che cosa vuoi che li facciamo?». Ci rispose: «È la volontà di Dio». Tanto ho sentito anch’io, come ho già detto, e lo sanno quasi tutti. Ed egli ripeteva tale cosa così spesso, che i Religiosi ne ridevano, stimandola puro sogno. Ma la predizione, come tutti sappiamo, si verificò pienamente. Per questo motivo, amiamo piamente credere che era in lui lo spirito di profezia, come, in seguito, più diffusamente vedremo.

9. Un’altra volta, il buon Padre si trovava a Napoli; si recò da lui un nobil uomo, di nome Francesco, il quale, durante l’assedio di Otranto, era stato colpito da una freccia e teneva due dita talmente ripiegate da non poterle distendere affatto. Ma, durante la celebrazione di una Messa, parlandone al buon Padre, si senti completamente risanato.

10. In pari data, un signore, chiamato Domenico Vespero (molto familiare al detto nobil uomo Francesco, del seguito del Principe di Salerno), essendo paralitico, soltanto parlandone al buon Padre, ne ricevette perfetta guarigione, riprendendo vigore in tutto il corpo. Questo miracolo viene attestato dal De Bussiére, ambasciatore del Re di Francia, che si era allora recato a cercare il buon Padre per condurlo in Francia – come, del resto – egli aveva predetto, raccontato e annunziato già da molto tempo, cioè da più di vent’anni.

CAPITOLO X

Altri miracoli operati a Paola e altrove dal Santo. Una sua stessa infermità guarita. Persecuzioni contro di lui annientate.

1. Dio onnipotente, per i meriti di Francesco, non solo ridiede la sanità ad altri infermi, ma anche allo stesso buon Padre. Un giorno, mentre si attendeva alla costruzione del Convento di Paola, un grosso arnese per trasportare pali di legno cadde giù nella valle con tale violenza, che andò a colpire gravemente di dietro il buon Padre; tanto che fece uscire la giuntura del femore nella parte anteriore. Quando gli operai, che si erano lasciati scappare di mano con tanto impeto quell’arnese, si resero conto della disgrazia, scesero subito e si portarono presso il buon Padre; lo trovarono tutto disteso e come morto. Lo alzarono e lo trasportarono in Convento. Ma il buon Padre disse loro: «Per carità, è necessario che fratel corpo stia così per trenta o quaranta giorni». E così avvenne. Appena, infatti, giunse quel termine, verso la mezzanotte, il lettuccio, dove riposava Francesco, fu visto agitarsi con impeto così grande, che lo stesso buon Padre non riuscì a tenersi su adagiato: si levò e si accorse di essere perfettamente guarito. Angelo, di cui sopra, era presente a questa prodigiosa scena.

2. Una volta, durante la costruzione del Convento di Paola, avvenne che un grosso aggeggio, con una quantità di legna, andò a precipitare in una valle con tanta violenza, che neppure quindici uomini e più sarebbero stati capaci di sollevarlo. Allora il buon Padre disse agli operai e agli altri che si trovavano presenti: «Per carità, andate a far colazione, e poi tornate ». E quelli ubbidirono. Al loro ritorno, trovarono l’arnese rimosso da quel posto e portato sulla via piana. Lo attestano gli stessi operai.

3. Un giorno, nei pressi del Convento, si faceva il carbone. Accadde che la fossa, in cui si faceva il carbone, si copri di terra; come attraverso piccole bocche, usciva la fiamma del fuoco che era dentro la fossa; il buon Padre poneva il piede completamente nudo su ognuna di quelle bocche, dicendo al suddetto Fra Fiorentino: «Presto! getta qua sopra della terra!». E così andò otturando tutte le aperture, una dopo l’altra finché non furono tutte spente. Il buon Padre faceva preparare il carbone da portare al fabbro ferraio, il quale confezionava allo scopo i ferramenti per il Convento, soltanto per amor di Dio, ossia gratis.

4. Un’altra volta, avvenne che un giovane secolare, che stava nel Convento, fu accusato dai suoi compagni presso il buon Padre, di avere mangiato fioroni, che i Paolani chiamano culumbri. L’accusato però negava il fatto. Lo chiamò allora il buon Padre e lo accompagnò in cucina, dove in quel momento stava bollendo una caldaia di lisciva. Indi, Francesco, scopertesi le braccia, ve le calò dentro mentre il liquido ferveva a stroscio, e disse al giovane: «Fa come me se tu non hai mangiato i fichi, non ti scotterai, come non mi scotto». A quella vista, il giovane scappò via tutto spaventato. Questo me l’hanno riferito sia il giovane che Fra Fiorentino; ed é cosa di dominio pubblico nel Convento di Paola.

5. Parimenti, un’altra volta, mentre il buon Padre dimorava nel Convento di Paterno, scese dalla sua cella, situata in fondo all’orto del Convento, nella cucina dei Frati, posta nella parte bassa dello stesso orto. La distanza, che c’era tra l’uno e l’altro luogo, era tanta quanta ne può coprire il tiro di un dardo scagliato dall’arciere. Quando il buon Padre arrivò alla porta della cucina, era già calata la sera. Bussò, quindi, per farsi dare un po’ di fuoco. Venne ad aprirgli un Religioso, chiamato Fra Pietro, e il buon Padre gli chiese del fuoco; il Religioso entrò in cucina, prese due pezzi di legno di pino, v’interpose due grossi carboni ardenti, e li diede al buon Padre. Il quale non prese se non il solo fuoco tra le mani nude; a Fra Pietro disse di portare indietro i due pezzi di legno. Ma egli, riportati i legni in cucina, segui, senza farsi accorgere, il buon Padre, desideroso di vedere cosa stesse per fare di quel fuoco. Detto Religioso giura davanti a Dio di aver visto che il venerando Padre portava quei carboni accesi nella sua cella, senza lasciarne affatto cadere alcuno per tutto il percorso. Egli operò molte volte miracoli del genere.

6. E da sottolineare pure che a Francesco, prima di adempiere il voto, fatto da sua madre per la guarigione dell’occhio, mentre dormiva apparve due volte in sogno un Religioso, che, svegliatolo, disse: «Vai a dire a tua madre e a tuo padre che adempiano al voto, che essi hanno fatto per te, e che non tardino ancora!» Come sappiamo già, Giacomo e Vienna lo eseguirono senz’altro.

7. Bisogna sapere che, da principio, quando il buon Padre prese a costruire Conventi, parecchi invidiosi suggerivano al Re di Napoli, al Duca di Calabria e al Cardinale d’Ungheria di fargli del male. Questi principi, poi, erano molto ostili al buon Padre; tanto è vero che detto Cardinale fece cacciare i Religiosi Minimi dal Convento di Castellammare di Stabia, facendo di quel luogo, che apparteneva all’Ordine, una casa di sua proprietà. Ma gli giovò ben poco, giacché, prima che finisse l’anno, venne a morire avvelenato, a Roma, al tempo di Papa Innocenzo.

8. Il Re di Napoli, fratello del suddetto Cardinale, mandò un padrone di triremi con molti altri ad arrestare il buon Padre e condurlo alla sua presenza. E tutto questo lo faceva per malanimo, non per devozione. Quando il suddetto padrone e i suoi dipendenti giunsero al nostro Convento di Paterno, dove era il buon Padre, quei Religiosi, sgomenti, si recarono dal buon Padre, dicendogli: “Padre, scappate: vi cercano per arrestarvi e menarvi dal Re di Napoli! «. «Per carità – rispose Francesco -; se questa è la volontà di Dio, mi prenderanno; se no, nessuno ci potrà far del male». E si recò in chiesa. Il padrone domandò dove fosse l’eremita. Alcuni rispondevano: «È nei boschi». Altri invece: «È in chiesa». E facevano a gara nel cercare il nostro buon Padre, ma non riuscirono a scoprirlo. Eppure, egli era in chiesa, dove tante volte lo avevano cercato! Finalmente mastro Antonio, di cui sopra, che era capomastro nei lavori del Convento, glielo mostrò. Ma il padrone della nave, che era venuto con cuore di tigre a rapirlo e a compiere così il mandato dell’iniquo Re, non appena vide il buon Padre, si commosse e, come se avesse perduto tutte le sue forze, si gettò ai piedi dell’Uomo di Dio, e facendogli conoscere, quasi balbettando, il mandato del Re, aggiunse, però, che voleva fare la santa volontà di Francesco.

E il buon Padre lo accolse con bontà dicendogli che la fede del Re era ben piccola e che il continuare a stare a servizio del Monarca non gli avrebbe giovato a nulla. E gli diede, quindi, delle candele: una per il Re, un’altra per la Regina; poi, una per il Duca ed un’altra per la Duchessa, ammonendoli severamente che, se non si fossero emendati, Dio li avrebbe castigati.

9. E il castigo venne. Infatti, l’anno 1497, il Re di Francia, Carlo VIII de Valois, cacciò. Via il Re di Napoli, occupand tutte le regioni d’Italia. Quando il Re di Napoli morì in esilio, gli successe il Duca di Calabria, suo fratello, il quale poco dopo venne a morire. Gli successe Federico, che governò con molta saggezza e prudenza il regno di Napoli. Dopo la morte, però, del re Carlo – che avvenne nel di della Pasqua fiorita, cioè la Domenica delle Palme – Ludovico, duca d’Orléans, succeduto al re Carlo, occupò il Ducato di Milano, conducendo il duca prigioniero in Francia. Subito dopo, occupò tutta l’Italia, menando in Francia il re Federico. Era l’anno 1500. Da ciò appare che regnarono poco; cosa che i buon Padre aveva predetta.

10. Parimenti, bisogna ricordare un particolare: il buon Padre volle che il padrone della nave facesse colazione prima di allontanarsene. Il buon Padre poi mandò a cercare del vino, precisamente un boccale di vino, della grandezza che usanoin Francia. Quantunque ne bevessero quaranta o cinquanta uomini, il boccale rimase tuttavia pieno fino all’orlo. Infine,il buon Padre fece dare loro due piccole focacce. Eppure, quello che ne avanzò, eccedeva la misura di due pani interi. Aquella vista, il padrone della nave e tutti quelli che erano presenti, pieni di gran timore, lodarono Dio. E ritornarono poi alle loro occupazioni.

CAPITOLO XI

Gli altri prodigi di Francesco operati in Italia: ossessi liberati, guarigione di un altro muto, morti risuscitati.

1. Spesso i demoni, che parlavano attraverso gli ossessi presentati al Santo, minacciavano alle regioni d’Italia la loro distruzione, non appena che egli se ne fosse andato fuori.

2. Una ragazza soprattutto, posseduta dal diavolo, venne condotta dinanzi al buon Padre. Lo spirito maligno, che era in lei, diceva, gridando fortemente, che quel barbuto sozzo ma aggiustato, mangiatore di radici, ostacolava lui e i suoi. Il buon Padre gli chiese:

– Chi siete?

– Siamo alcune legioni specializzate.

– Dove sono i tuoi seguaci?

– Nel bosco qui vicino, dove si vede spesso un grande stormo di corvi.

– Dove vanno?

– Sono mandati a distruggere tutta l’Italia.

– Chi li ostacola in questo loro piano?

– Non possono far nulla fino a quando tu sarai qui: la tua grande umiltà ce lo impedisce. Ma, dopo la tua partenza, realizzeremo senz’altro quello che ci sta, da tanto tempo, a cuore.
Il buon Padre, allora, gli chiese ancora:

– Chi ti ha dato tanta tracotanza e tanta presunzione per invadere e tenere sotto il tuo dominio questa povera creatura
di Dio?

– Non sono stato io a cercarla: si mise a camminare su di me, e l’ho invasata; e ci sto così bene, che non riesco ad uscirne.

Allora l’Uomo di Dio disse:

– Vattene, in nome della carità, e lascia in pace questa povera figliuola.

– Ma dove vuoi che vada?

– Nel luogo che ti sei guadagnato fin dall’inizio della tua creazione,

– Va bene! Me ne andrò da qui a tre giorni. .

– No, adesso subito te ne devi andare! E non ci fare perder più tempo.

– Sia pure! Ma, ne uscirò attraverso gli occhi, in modo da portarne via uno?

– No, ti proibisco di arrecare male alcuno questa creatura di Dio.

– E dammi allora qualche altra cosa!

Il buon Padre, allora, pregò un Religioso perché gli volesse porgere delle ampolle di vetro ma il diavolo non voleva ancora uscire e tratteneva, perciò, il buon Padre in vana conversazione. Ma alla fine, Francesco prese la ragazza per i capelli e, dando l’impressione di abbandonarsi all’ira, ordinò al diavolo, con grande energia, di uscire dal corpo. E all’istante il demonio obbedì, lasciando la povera ragazza quasi esanime. Ma il buon Padre le ridiede vigore; e le diede da mangiare e da bere; tanto che ritornò a casa completamente risanata. Questo prova chiaramente in che modo tutta l’Italia venne distrutta.

3. Un’altra ragazza era infestata da alcuni demoni (si chiamano Incubi o Succubi), che la tormentavano giorno e notte. I genitori, in preda alla desolazione, non riuscivano a trovare un rimedio. Ricordatisi, allora, del buon Padre, gli fecero conoscere il motivo della loro pena. E Francesco mandò alla loro abitazione due Religiosi, che dissero a quei demoni di uscire da quella povera figlia, e che non la tormentassero più; e aggiunsero che tanto facevano dietro comando dell’Uomo di Dio. E gli spiriti maligni obbedirono all’istante. La povera ragazza fu guarita completamente e curata grazie alla carità o al rispetto, e al timore dovuto all’Uomo di Dio. Parecchi altri ossessi riebbero la sanità in virtù delle preghiere del buon Padre.

4. Fu menato ai piedi del buon Padre un uomo che era muto fin dalla nascita. Francesco lo condusse in sagrestia, accompagnato dai genitori. Ivi accese tre candele attaccandole alla parete, dicendo ai genitori: «Restate qui con vostro figlio, fino a quando le candele si saranno consumate». Indi il buon Padre andò a pregare, e subito cadde una candela; e quel muto, il quale non aveva mai articolato la benché minima sillaba, esclamò dicendo: «È caduta una candela!». E subito dopo si mise a parlare a lungo speditamente. Il buon Padre si allontanò subito per evitare la vanagloria.

5. C’è altro ancora di miracoloso. Infatti, alcuni buoni Confratelli e altri secolari, tutti degni di fede, mi riferiscono e confermano che furono risuscitati due morti pei meriti del santo Uomo.

6. Il primo, da lui risuscitato, fu un suo parente, che aveva esortato a farsi suo Religioso. Ma la madre ne lo aveva distornato in tutti i modi. Il giovinetto finalmente morì. La madre, allora, corse tutta in pianto al Convento di Paola, lamentandosi col buon Padre della morte del figlio. Il buon Padre le disse di farlo portare nella chiesa del Convento per dargli ivi sepoltura. L’ordine fu eseguito. Ma, terminate le esequie, al momento (era appena tramontato il sole), in cui i Religiosi si apprestavano a calarlo nella tomba, il buon Padre lo vietò, ingiungendo di ritirarsi tutti nelle loro celle. Era infatti scesa già la notte. Quando il buon Padre rimase solo, prese il cadavere e se lo portò nella sua cella, ove Dio lo fece risuscitare, durante la notte, per le preghiere del buon Padre. Al mattino, la madre venne a piangere dirottamente, credendolo già sepolto. Ma il buon Padre le disse:

– Se tu vedessi in vita tuo figlio, gli daresti finalmente il consenso di farsi Religioso?

– Volesse il Cielo che ciò avvenisse! E mi pento di averglielo impedito, quando ancora viveva!

Allora il buon Padre gli diede un suo abito e lo accompagnò in chiesa. Al vederlo, la madre e quelli che si trovavano presenti, benedirono Dio. E da allora in poi portarono al buon Padre profonda riverenza.

7. Il secondo risuscitato fu uno degli operai del Convento, che prestavano la loro opera per solo amor di Dio, ossia senza compenso alcuno. Una trave, cadendo su di lui, lo aveva ucciso. Allora, gli altri operai vennero dall’Uomo di Dio e gli narrarono la disgrazia, dicendogli: «I genitori del morto (questi erano molto ricchi) andranno dicendo che siamo stati noi ad ucciderlo; e ci potrebbero, quindi, fare avere le pene di un delitto, che non abbiamo commesso». Il buon Padre allora, confortandoli, li fece allontanare tutti; rimase soltanto lui. Lasciato il cadavere là dove la trave lo aveva ucciso, si allontanò circa tre tiri di saetta, con tanta prestezza, da far dire che un turbine lo portava via; divenne invisibile a quelli che appartati osservavano che cosa avrebbe fatto. Ben presto ritornò presso il cadavere, e si mise su di esso un po’ di tempo. Vi adagiò poi alcune erbe del monte, su cui si era recato. Quel corpo tornò in vita tanto placidamente, come se si fosse destato dal sonno. Questo viene narrato ancora oggi da coloro, che vi si trovarono presenti.

8. I prodigi fin qui ricordati, operati dal Santo con l’aiuto di Dio, nelle contrade d’Italia, dovrebbero bastare. Non mi rimane, quindi, che raccontare ciò ch’egli operò, mentre dimorava in Francia.

CAPITOLO XII

Viaggio in Francia. Opere compiute durante il viaggio. Luigi XI comincia a provare la santità del buon Padre.

1. Secondo quanto l’Uomo di Dio aveva predetto da molto tempo, egli e i suoi Religiosi sarebbero andati in un paese straniero, dove non avrebbero capito la lingua. Infatti, Luigi di Valois, re di Francia, figlio di Carlo VII e padre di quel Carlo, che occupò il Ducato di Bretagna, avuta notizia della fama del santo Uomo, mandò parecchi messi al Re di Napoli, allo scopo di avere presso di sé il Santo. Ma, il suddetto re Luigi, visto che non voleva aderire alla sua richiesta, supplicò Papa Sisto, che allora reggeva la Sede Apostolica, perché si compiacesse di mandargli quel Santo Uomo sperando qualche sollievo per alcune infermità, che soffriva. Il Papa annuì, inviando due obbedienze al buon Padre perché si recasse dal Re di Francia. Io ho visto, nel Convento di Tours, una delle due obbedienze del Papa. Il buon Padre, quindi, ottemperando al Papa, si recò in Francia; ma volle passare per Roma per ricevere la benedizione di Papa Sisto.

2. Nel suo viaggio in Francia, come attesta il messo di re Luigi, era tanta la ressa di quelli che accorrevano a vederlo, che a stento riuscivano ad avvicinarglisi, sia per mare che per terra. Da ogni parte gli venivano condotti infermi, i quali ricevevano da lui guarigione; ed erano tanti, che non si può dire quanti per le preghiere di lui siano guariti. Alcuni si portavano via pezzetti del suo abito, altri tagliavano capelli dal suo capo; altri ancora prendevano ciò che il Santo toccava, conservandolo gelosamente per devozione; così che a quel santo Uomo non rimase nulla.

3. Una devota matrona romana si recò per avere qualche ricordo (cioè qualcosa usata, o toccata appena da Francesco). Ma, perché il buon Padre era già partito, la buona dama, dolente di non poter aver niente da lui, prese la paglia del lettuccio sul qual il santo Uomo aveva dormito, portandola con grande devozione. Tornata a casa, l’adagiò su una tavola; il marito prese quella paglia e la portò in mezzo alle latrine, contro la volontà di sua moglie. Quando volle pulirsi con quella paglia (come era solito fare in dette latrine), la mano, con cui teneva la paglia, rimase attaccata alle natiche, e non riuscì a ritirarla mai, finché non incontrò il buon Padre, che già era molto lontano. Dopo che questi gli diede la benedizione la mano tornò al posto suo. Tornò a casa confortato, vivendo in seguito nel timore di Dio dei suoi Santi, più di quanto avesse fatto nella sua vita passata.

4. Un orefice di Grenoble mi narrò di aver visto la sorgente, fatta scaturire dal buon Padre con le sue preghiere in luogo, dove non erano riusciti prima a trovare acqua. Quanti ne bevono vengono risanati, anche oggi, dalle febbri.

5. Un commerciante della Provenza, che conduceva il buon Padre con il messo del Re, narra (e lo narra anche lo stesso messo) che l’Uomo di Dio, al suo arrivo, entrò in chiesa a pregare; e vi rimase così a lungo, che il messo, seccatosi, mandò alcuni che lo chiamassero Questi, però, non riuscirono a trovarlo. Avvertito di ciò, il messo si recò in chiesa, e tutti credevano che ve lo avrebbero trovato. Ma, poiché non lo videro, ne restarono stupiti, e cominciarono a sparlare e a lamentarsi, pensando che si fosse dato alla fuga; e diceva che il Re li avrebbe fatti tutti uccidere. Finalmente un Religioso del suo Ordine, di nome Bartolo, venuto con lui in Francia, cercava di tranquillizzarli. Poco dopo, terminate le sue preci, il buon Padre fu finalmente trovato davanti all’altare maggiore, dove lo avevano cercato tante volte.

6. Passando attraverso la Provenza per il Delfinato e territori di Vienna e di Lione, parecchie persone ricuperavano, grazie alle sue preghiere, la sanità. Dopo diversi giorni di cammino, giunsero sani e salvi nelle vicinanze del Castello Reale di Plessis, poco distante da Tours. Lì trovarono lo stesso Re, che accolse il buon Padre con grande onore ed espressioni di gioia. Il Monarca, però, era astuto e malizioso, perché molti lo avevano ingannato sotto l’ombra della santità, e voleva provare, cioè tentare il Servo di Dio. E lo fece in diverse maniere. Poco dopo il suo arrivo gli mandò un abaco, cioè un vassoio ed altri oggetti, tutti di oro e di argento, per uso del buon Padre; gli dissero che il re gli mandava tutta quella roba perché se ne servisse. Ma, il buon Padre, poiché sapeva le sue maliziose intenzioni, gli rimandò indietro tutto, senza trattenere con sé assolutamente nulla; anzi gli disse che era meglio restituire la roba altrui, piuttosto che farsi fare tali vassoi di oro e di argento; e che non si addiceva affatto allo stato religioso eremitico il tenere presso di sé vasi di argento: lo pregava di mandargli soltanto tazze di legno.

7. Il Re, allora, gli fece portare numerosi recipienti di metallo; ma neanche questi il buon Padre volle accettare. il Monarca, allora, ben lieto, volle sottoporlo ad una nuova prova. Gli mandò un quadro della Madonna fatto di oro puro di monete, che valeva diciassettemila ducati, ordinandogli di accettano, aggiungendo che glielo donava per le sue devozioni. Ma il Servo di Dio glielo mandò indietro, facendogli sapere che la sua devozione non era fondata né nell’oro né nell’argento, ma soltanto nella Madonna, che regna in Cielo, con il suo divin Figlio. Al messo del Re disse che aveva un’immagine di carta, e gli bastava. Ma il re, pur saputa la cosa, gli fece portare il quadro per una terza volta, pregandolo di gradirlo per sua personale devozione oppure di darlo ai poveri. Ma il buon Padre non volle, e fece notare al Re, che aveva i suoi elemosinieri; della elemosina doveva disporre per mezzo di loro, secondo il suo personale beneplacito. È da notare che questa bella immagine, del valore di diciassettemila ducati, fu in seguito donata ai Canonici di S. Giovanni di Plessis, i quali volentieri l’accettarono.

8. Il Re volle provarlo per la terza volta, in parte ad istigazione di uno dei medici personali dei Monarca, chiamato don Giacomo Potier, presidente della camera parlamentare di Parigi, il quale guidava lo stesso Re senza incontrare contrasto. Costui invidiava profondamente il Servo di Dio e cercò di eliminarlo in tutti i modi. Ma la prudenza del mondo non può nulla senza lo Spirito di Dio. Il Re allora, solo, senza alcuno, gli portò personalmente un galero pieno di scudi, in tutta segretezza. E solo a solo gli disse: “Buon Padre, vi voglio fare un dono: su, prendetelo; nessuno lo sa tranne noi due; con questo potrete costruire un Convento a Roma”. Ma il buon Padre, guidato costantemente dallo Spirito Santo, rifiutò di accettare quella moneta, come se si trattasse di sterco, aggiungendo ad alta voce: “Sire, restituite questi scudi d’oro a quelli che avete spogliati prima”. A queste parole, il Re se ne tornò tutto confuso.

CAPITOLO XIII

Comportamento del Santo con Luigi XI e con Carlo VIII re di Francia. Altri miracoli e virtù.

1. Quando il re vide che non riusciva a ingannarlo con l’avarizia, radice di ogni male, cercò poi stimolarlo con il peccato della gola, mandandogli parecchie volte grosse sporte piene di pesci da taglio, dicendogli: «Se non volete mangiarli voi, dateli al vostro compagno». Ma il buon Padre non volle consentir ciò al suo Religioso, ben contento com’era di poche acciughe. Il buon Padre fu tanto saggio che la verità confuse ogni cattiveria. Il Re, infatti, convintosi ch’egli era un vero Servo di Dio, cominciò a nutrire tanto amore e devozione, che, da quel lupo rapace che era (aveva infatti commesso innumerevoli soprusi, nel tempo in cui, ancora Delfino, prima della sua Incoronazione, guerreggiava contro il re Carlo, suo padre, e, durante il suo regno, distrusse molte regioni, incluso il ducato di Borgogna, da lui occupato dopo la morte del duca Carlo, ucciso alle porte di Nancy nella Lotaringia), in breve si convertì, grazie alle preghiere del buon Padre, e si ammansì come un agnello. Si pentì poi talmente dei suoi peccati, da spogliarsi completamente alla presenza del buon Padre per percuotersi aspramente con la disciplina. Questo lo faceva, in parte, dietro consiglio del buon Padre.

2. In seguito, Dio, bontà somma, vedendo il Re pienamente convertito, lo chiamò da questo mondo all’altro. E così Luigi XI si addormentò nella pace del Signore, com’era avvenuto per i suoi predecessori, lasciando il delfino Carlo, unico figlio, succedutogli poi nel regno. Lasciò pure due figliole, di cui la prima fu regina di Bourbon, l’altra duchessa di Bourges. Li raccomandò al Servo di Dio, supplicandolo di pregare Dio per loro. E Francesco lo fece, poiché gli stava molto a cuore di tenerli nel timore di Dio. E volendo esternare la sua devozione al buon Padre, il Delfino, divenuto re, fece costruire due Conventi, circa l’anno 1486: uno vicino al Castello Reale di Plessis presso Tours, l’altro ad Amboise, assegnando la pensione annua di mille franchi per il mantenimento dei loro Religiosi. Il re Carlo, poi, era un grande zelatore della Religione, e molto si dava da fare per le riforme della Chiesa. Aveva un temperamento buono; era pieno di umiltà e di cristiana pietà; faceva molte elargizioni alle chiese e ai poveri, e visitava spesso il buon Padre, uomo di Dio. Provvedeva alle sue necessità e dei suoi Frati; amava il nostro Ordine, i nostri Religiosi come figli suoi, chiedendo sovente consigli, nei suoi affari, all’Uomo di Dio.

3. Molto tempo prima della distruzione della Bretagna, l’Uomo di Dio previde tale sciagura, e cercò di fronteggiarla con tutto il suo potere. A tale scopo interpose i suoi buoni uffici per concludere il matrimonio del duca di Bretagna, inviando due suoi Religiosi con missive al Re e al Duca; e l’accordo era stato raggiunto quasi pienamente. Ma il diavolo, istigatore di ogni male e nemico della pace, cercò di mettere i bastoni tra le ruote, agevolato, s’intende, dal sacco pieno della cattiveria e dei peccati di quegli abitanti. Ma Dio creatore, che desidera unicamente la conversione, e non la morte del peccatore, li volle punire per le loro iniquità. Difatti, anche se allora il buon Padre vedesse vani i suoi sforzi, tuttavia esclamò: «Il Re prenderà in moglie la. figlia del Duca della Bretagna». E questo si verificò. Infatti, il Re, dopo di avere annientato quasi tutta la Bretagna, si uni in matrimonio con l’unica figlia, duchessa della Bretagna; la quale, appena partita, venne col Re a far visita al buon Padre. Questi disse loro che il loro matrimonio si era celebrato troppo tardi; comunque, alla presenza del Re, predisse alla Regina che avrebbe avuto tre maschi e una femmina, i quali avrebbero compiuto cose grandi, se il Re e la Regina avessero osservato la legge santa di Dio. Ma aggiunse pure che, qualora non la osservassero, Dio avrebbe sradicato la vite con tutti i tralci. Tutto questo si avverò: ebbe infatti dal re Carlo tre maschi, vissuti poco, e una femmina dal re Luigi, succeduto poi a Carlo.

4. Durante la battaglia, combattuta il giorno di S. Albino, il buon Padre stette chiuso nella sua cella per ventidue giorni, mangiando soltanto due pani, comprati quattro denari l’uno, e bevendo solamente acqua. È pia credenza che il Re riportasse la vittoria per le preghiere di Francesco.

5. Similmente, nel conflitto di Fornay il buon Padre rimase chiuso in cella, senza prendere alcun cibo. Sentiva dentro di sé, ispirato da Dio, che il Re era assediato dai suoi nemici (Veneti, Italiani, Longobardi, ecc.). Crediamo piamente che il buon Padre pregasse, con tutto l’affetto, Dio per il Re, affinché lo liberasse dalle mani dei suoi nemici che cercavano di dargli morte. Fu allora opinione di tutti che era un miracolo che il Re avesse evitato un pericolo sí grave.

6. Nelle ricorrenze solenni della Chiesa si chiudeva nella sua cella senza parlare con nessuno, per sette o otto giorni consecutivi.

7. Quando cercò di far approvare la sua Regola, in cui proibiva ai suoi Religiosi di mangiare carne, il diavolo mutatosi in angelo di luce, si recò da lui e gli disse: «Dio vuole che la tua Regola sia secondo il Vangelo di S. Luca; permetti ai tuoi Religiosi di mangiare tutto quello venga loro posto davanti». E il buon Padre, caduto in inganno, ordinò che due Religiosi si tenessero pronti per andare da Papa Innocenzo, perché approvasse la Regola secondo detto Vangelo. Erano già pronti per partire e avevano in mano i loro bastoni e le bisacce per andare a Roma, quando il buon Padre li fece tornare indietro. Dio, infatti, gli aveva rivelato che la sua prima intenzione, quella cioè, di far osservare ai suoi Religiosi la vita quaresimale era senz’altro buona. E così, dopo molto tempo, riuscì nell’anno 1492 ad ottenere da Papa Alessandro finalmente l’approvazione della Regola, nella forma che è in vigore fino ad oggi.

8. Spesso, durante la notte, i Religiosi sentivano un rumore e che gravi battiture gli venivano date da parte del diavolo mentre era nella sua cella: i Frati udivano un rumore come di carri che correvano e uomini che trascinavano come delle grosse catene di ferro. Spesso trovavano l’Uomo di Dio ferito; anzi lo vidi anch’io con i miei occhi. Possiamo credere che i demòni spesso lo bastonassero, come hanno manifestato per bocca di alcuni indemoniati. Coloro che udivano quei rumori, non avevano più il coraggio di stare accanto alla cella dell’Uomo di Dio.

9. Una volta, il buon Padre si ammalò così gravemente, che i Religiosi, credendolo sul punto di morire, gli consigliarono di comunicarsi per viatico. Ma il buon Padre disse: «Non vi preoccupate! Ci comunicheremo tutti giovedì prossimo (giorno in cui si consacra il crisma). E così avvenne, poiché quel giorno si accostò, come gli altri, all’Altare, ma completamente guarito. Benché, poi, spesso gravemente infermo, non voleva tuttavia mai prendere alcuna medicina, tranne la Comunione.

10. La Regina di Bourbon, che nutriva grande devozione verso l’Uomo di Dio, si lamentava con lui di non poter avere figli e di non averne mai avuti. Il buon Padre le rispose: «Signora, non vi preoccupate di ciò! Prima che io parta dalla Francia, avrete prole». Ed altra volta: «Signora, siate assidua nel rendere grazia al Re dei re; fra poco avrete prole». Io dissi al buon Padre che era pericoloso scrivere in questi termini, poiché, se tale promessa non si fosse avverata, sarebbe uno scandalo per l’Ordine. Ma il buon Padre: «Lasciamo fare a Dio». Poco dopo, infatti, diede alla luce una graziosa bimba, chiamata ancora oggi Susanna. Riconoscente, fece fondare nell’anno 1490 il nostro Convento di Gien, sulla riva destra della Loira, dando pure il necessario al sostentamento dei Religiosi.

11. La Regina, duchessa di Bretagna, si ammalò tanto gravemente che i medici non riuscivano a guarirla. Si raccomandò alle preghiere del buon Padre, il quale le mandò tre mele. I medici, però, raccomandarono alla Regina di non mangiarle, perché, considerata l’estrema debolezza dello stomaco, facendolo, sarebbe andata incontro a morte sicura. Ma l’illustre inferma, piena di fede, disse che ne avrebbe mangiato ciò non le avrebbe fatto male, dato che gliele mandava il buon Padre. Le mangiò, dunque, e all’istante si sentì completamente risanata.

12. Quel santo Uomo cercava di nascondere la sua santità dando pane benedetto e candele benedette agl’infermi; essi, usandone, venivano totalmente guariti, grazie alle sue preghiere, con l’aiuto con cui Dio lo preveniva. È poi da sottolineare che quello, che Francesco faceva consegnare agl’infermi, era proprio contrario all’arte medica. Questo, affinché coloro che guarivano, riconoscessero che Dio è il medico supremo, sia del corpo sia dell’anima.

13. Un nobile della corte del Re, di nome Carlo de Vie, colpito da febbre con delirio, e agitato così da molte sofferenze, diceva e faceva mille sciocchezze. Un giorno chiese alla moglie una candela benedetta dal buon Padre, e se la pose sulla fronte, pregando Dio che, se il buon Padre era davvero Servo di Dio – come si credeva -gli concedesse la guarigione all’istante, più presto, cioè, di quanto si potesse richiedere per togliersi il berretto dal capo. Cessò così il dolore di testa.

14. Un altro nobile signore della Bretagna narra che una volta, durante la notte, si scatenò sulla casa una tempesta così violenta, da vedersi perduto, come se la sua abitazione fosse caduta. Fece allora accendere una delle candele benedette dal buon Padre, convinto che Dio accettava e convalidava le benedizioni fatte dal buon Padre. All’istante la tempesta cessò, dileguandosi come il vento.

15. Parecchie donne incinte, quando si trovavano nelle doglie e nel travaglio del parto, ed erano in quelle pene e martirio per cui si temeva per la loro vita e per quella dei nascituri, non appena con fede si raccomandavano al buon Padre, facendo accendere alcune candele donate da lui e recitando cinque Pater e cinque Ave, prima che le candele si fossero consumate, davano alla luce le loro creature, o maschi oppure femmine, con grande gioia, salvate dalle preghiere e dai meriti del santo Uomo di Dio. E questo si verificò in tutta Italia, in Francia e in altri paesi così numerosi, che non ci è possibile elencarli né a voce, né per scritto.

CAPITOLO XIV

Nuovi miracoli e nuovi conventi in Francia

1. Un altro nobile signore, di nome Gregorio de Vie, del seguito del Duca d’Orléans portava una candela benedetta nel suo berretto. Il giorno della battaglia (chiamato giorno di Parthenay, in provincia di Poitiers), una pietra lanciata da una macchina gli andò a cadere sul capo con tale violenza, che i suoi compagni lo credettero morto. Invece era rimasto completamente illeso, e ne restarono grandemente meravigliati. Finito poi il combattimento, egli stesso, constatando il miracolo, così evidente, operato nella sua persona, rinunziò al mondo e si fece Religioso.

2. Una volta trovarono il buon Padre nella chiesa di Plessis, presso Tours, levato in alto cinque o sei cubiti. Ben si consideri qui il fervore e la dolcezza della sua contemplazione: come lo spirito faceva innalzare la carne! Egli era un uomo veramente angelico e serafico, dato che in ogni luogo sapeva elevare il suo cuore e il suo corpo a Dio. Lo ha testimoniato Anna, duchessa di Bourbon, figlia del re Luigi e sorella del re Carlo.

3. Durante la costruzione del Convento di Plessis, di notte lo vedevano che prendeva serpenti e li portava fuori del Convento, senza riportarne alcun male; non voleva che si uccidessero né queste né altre bestie velenose, qualunque esse fossero.

4. Spesso lo vedevano prendere il fuoco vivo tra le sue mani e portarlo in grembo, senza che ricevesse alcuna scottatura, nella sua cella. Lo attesta Frate Egidio da Bourges, e molti altri Religiosi degni di fede.

5. Per lungo tempo, anche quando il freddo era molto pungente, non uscì mai dalla sua cella, in cui non c’era camino di sorta.

6. Il Servo di Dio, fiorendo di virtù in virtù, fondò in Francia, in poco tempo, vari magnifici Conventi (per esempio, a Tours, ad Amboise, a Gien, a Parigi, Chàtellerault, ed altri altrove), grazie al contributo generoso dei Principi e alla prestazione di lavoro dei fedeli.

7. Il governatore della Borgogna, Giovanni di Baudricourt, aveva un rosario di legno, donatogli dal Santo Uomo. Una volta, i servi lo gettarono inavvertitamente nel fuoco, mentre aiutavano il loro padrone a spogliarsi. Fattosi giorno, quel signore cercò il suo rosario, che non riuscirono a trovare, finché non giunsero a smuovere le ceneri per accendere il fuoco. Li trovarono la corona, ossia nel braciere non tocca dal fuoco. Al vedere ciò, il governatore prese ad onorare con maggiore devozione di prima il buon Padre, e facendo edificare un Convento presso la sua abitazione, nel villaggio di Blaise-le-Chastel nella provincia di Champagne, in un luogo chiamato “Notre Dame de Brachais”, distante sette leghe da Langres e quattro da Clairvaux.

8. La sorella di Fra Matteo Michele non riusciva ad avere figliuoli; il buon Padre, per mezzo del fratello, il suddetto Frate, le mandò alcune erbe secche. Avutele, per i suoi meriti e le sue preghiere diede alla luce una graziosa bimba, che volle chiamare, in ricordo del prodigio, Francesca.

9. Una donna di Amboise aveva perduto i sensi; il marito l’accompagnò dal buon Padre; egli le impose di recitare un Pater e il Credo; il giorno seguente guarì.

10. Il Generale in capo della Picardia (che governava al tempo del re Carlo VIII), il governatore di Sandricourt e la moglie, per la loro grande devozione verso il santo Uomo, fondarono, nell’anno 1498, il Convento di Amiens.

11. Il vescovo di Grenoble, Allemand, discendente dalla nobile famiglia di Laval (nel Delfinato), venne dal santo Uomo, che si trovava ad Amboise; e grandemente imbarazzato, gli confidò le sue pene; ne uscì tutto rasserenato. Una volta i suoi nipoti furono colti da febbre; mangiando pane benedetto, inviato dal santo Uomo al suddetto Vescovo, furono presto guariti. Al vedere ciò, il Vescovo fu preso da tale devozione verso il buon Padre, che lo volle scegliere per suo direttore spirituale e, di più si accinse a fondare un Convento presso Grenoble, dove allora si trovava. Ma il diavolo, nemico di ogni bene, glielo impedì per mezzo di parenti del Prelato e di parecchi altri, cercando di farlo desistere dal condurre a termine l’opera. Visto però che non riusciva nei suoi piani in questo modo, cominciò ad abbattere quello che il buon Vescovo andava costruendo. Mandò a fondo la nave, che per la prima volta trasportava pietre per la costruzione del Convento, nelle profondità del fiume Isara: si perse la nave e il carico. Dopo fece incendiare il campanile della chiesa. Ma il buon Vescovo ne fece edificare un altro, dimostrando così il suo coraggio e la sua virtù. E così poté consacrare finalmente la chiesa, nell’anno 1499. L’altare alla destra delle cappelle fu eretto in onore di San Biagio, del quale ho visto gloriose reliquie dell’anello della catena del collo, custodite assieme a quelle di S. Ugo, fondatore dei Certosini, il cui corpo è ivi, cioè nella certosa. Il Vescovo donò queste reliquie il giorno stesso in cui consacrò la chiesa alla presenza di don Francesco di Puits Chartreux (allora impiegato della Curia di Grenoble) e delle Autorità locali e di molti altri uomini dabbene. Ancor oggi si compiono li splendidi miracoli in favore degli infermi: ringraziamone Dio, la Vergine Maria, il buon Padre S. Francesco di Paola, S. Biagio e tutti gli altri Santi del Paradiso.

12. Una donna del Delfinato aveva una biscia nel corpo. Mangiato il pane benedetto dell’Uomo di Dio, datogli dai suoi Religiosi, all’istante il rettile uscì, rimanendo così totalmente risanata.

13. Una volta, il buon Padre mandò a Roma, per affari dell’Ordine, due Religiosi, dei quali uno si chiamava Frate Antonio da Ponte e l’altro Frate Pietro Gilberto, francese. Approdati a Roma, trovarono una ossessa, nativa di Picardia. Era stata introdotta già più volte nella Cappella del Crocifisso – dove si conserva la colonna, presso la quale N.S. Gesù Cristo predicava il santo Vangelo, a Gerusalemme, quando gli fu detto: «Hai il demonio» -, ed esorcizzata invano dai Canonici. Un giorno, mentre quella donna era fuori della cancellata, che circonda la colonna stessa, Frate Pietro Gilberto volle tentare e provare se il buon Padre fosse davvero servo fedele e amico di Dio, oppure no. Allora prese il cingolo che l’Uomo di Dio gli aveva dato e, posatolo sul collo della donna, disse: «Ti comando in nome di Dio e di Frate Francesco da Paola, nostro Padre, che, se questo è davvero buon Servo di Dio, come crediamo, tu esca da questa donna, lasciandola una buona volta in pace». Chiese poi al demonio se conoscesse il buon Padre. Gli rispose che lo conosceva e bene: che era cioè, barbuto ma aggiustato, il quale gli dava troppe noie; lo aveva bastonato varie volte e l’aveva sottoposto a grandi molestie; aggiunse che, quanto prima, ne avrebbe date più gravi ancora sia direttamente che per mezzo dei Religiosi di quel buon Padre; diceva che avrebbe tentato di far ciò, ma avrebbe anche fatto in modo che smettessero (fr. Antonio e fr. Gilberto) dal loro proposito; e che, infine, era lui, il quale aveva fatto cacciare Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre e aveva bastonato S. Antonio nel deserto. – Ma poi dovette uscire dal corpo dell’ossessa, gridando forte e lanciando minacce al buon Padre e a tutti i suoi Religiosi. Ciò che si verificò: il buon Padre, infatti, fu molto lottato non solo dagli estranei, ma anche dai suoi stessi Religiosi, secondo le parole di N.S. Gesù Cristo: «Chi mangiava i miei pani, ha cercato di darmi lo sgambetto».

14. In quel tempo il cardinale Ascanio, fratello di Ludovico, duca di Milano, dimorava a Bourges in Francia e, per giunta, in carcere. Il buon Padre gli raccomandò di avere speranza e fiducia nel Signore, prendendo con santa rassegnazione quanto gli era capitato, giacché di lì a poco avrebbe riacquistato la libertà. Ciò che si avverò poco dopo. Il Cardinale attribuiva questo grande favore all’Uomo di Dio.

CAPITOLO XV

Epilogo dei miracoli narrati

1. Se alcuni di voi, che state leggendo gli episodi e i miracoli del glorioso S. Francesco di Paola, su narrati, avessero intenzione di arguirne e impugnarne la validità, sostenendo che non sono sufficientemente provati, oppure che vi presterebbero fede, se li avessero visti con i propri occhi, noi vi risponderemmo che coloro i quali non sono stati mai né a Roma né a Gerusalemme, credono fermamente che c’è una sola Roma e una sola Gerusalemme.

2. Se N.S. Gesù Cristo non avesse celato la sua divinità, e la Vergine Maria la sua verginità, e i Santi che sono in Cielo la loro santità, il diavolo dell’inferno avrebbe facilmente impedito in Gesù Cristo, la nostra Redenzione, avrebbe turbato la devozione della B. Vergine e la familiarità con gli Angeli da parte di innumerevoli Santi e Sante. I grandi Santi sono formati da Gesù Cristo, in modo che, fino a quando si troveranno in questo esilio e in questa valle di miserie, fuggano in tutto e per tutto la vanagloria. A questo proposito, S. Gregorio avverte che il pellegrino, il quale cammina per la via, se porta con sé il suo tesoro, argento o moneta, mostrandolo in pubblico a tutti, egli si espone così al pericolo dei ladri. L’Ecclesiastico avverte: Rinchiudi l’elemosina nel cuore del povero, ed essa ti allontanerà da ogni male. E S. Matteo: Quando fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra quello che fa la tua destra. Consideriamo, pertanto, come molti eremiti (i quali vivono, nella maggior parte dell’anno, di radici; che abitano nei romitori assieme agli animali delle selve), se con le loro preghiere e i loro meriti ottengono la sanità in favore di poveri che patiscono e languiscono, si sentono contenti che questi poveri rendano grazie a Dio, senza andare in cerca di notai (che pongano in scrittura le loro preghiere e opere buone) in siffatti luoghi di solitudine. Facendo così, essi mettono in pratica quanto N.S. Gesù Cristo raccomandò al lebbroso guarito; e a S. Giovanni, a S. Giacomo e a S. Pietro circa la sua Trasfigurazione: Non dite a nessuno quanto avete visto.

3. S. Agostino dice che i miracoli di ordine materiale sono tanto minori di quelli di ordine spirituale, quanto la terra è più piccola del Cielo. È un prodigio più grande risuscitare un’anima, immagine di Dio, anziché un corpo, forma della nostra umanità. Il corpo, pur risuscitato dalla morte naturale, di nuovo per natura dovrà morire; l’anima, risuscitata alla vita della grazia, tende alla vita della gloria, che mai tramonterà.

4. Consideriamo non soltanto i miracoli di ordine materiale, ma anche quelli di ordine spirituale dell’Uomo di Dio a pro dei suoi Religiosi che facevano penitenza e vivevano in grande astinenza. Spesso, infatti, coloro che nel mondo vivevano secondo i loro desideri, menando una vita diabolica, spesso li troviamo nel deserto della penitenza a condurre una vita angelica. Ma gli uomini mondani parlano in maniera mondana giacché chi viene dalla terra, parla di terra.

5. Se vorrete contemplare la condotta impregnata di virtù e le opere prodigiose dell’Uomo di Dio, vedrete costantemente come tutti gli elementi della natura gli obbedivano e lo servivano.

6. Il fuoco della fornace per cuocere la pietra calcare, mentre ardeva da molto tempo e andava in rovina: l’Uomo di Dio vi entrò e la riparò, come si è detto sopra. Molte volte, poi, portò a lungo tra e sulle mani, senza minimamente scottarsi, carboni ardenti e olio bollente. Questo dimostra la sua innocenza.

7. Naviganti, in punto di naufragare, invocandone il nome e accendendo alcune candele benedette da lui, videro abbonacciarsi interamente il mare. Questo dimostra la sua grande potenza.

8. Molte persone, malate di malaria, di peste, di febbre e di altre svariate infermità pericolose e contagiose, furono da lui risanate.

9. Donne sterili concepirono e partorirono figli: maschi e femmine.

10. Lebbrosi e malati di piaghe purulente e incurabili vennero da lui curati e risanati. I muti parlarono. Fastidi di malattie, ulcere, fistole alle gambe e in altri parti del corpo, con le sue preghiere furono curati e sanati.

11. In caso di necessità moltiplicò, in grande quantità, il pane e il vino.

12. Fece camminare speditamente i paralitici. Fugò e cacciò da corpi umani i serpenti naturali e anche i diavoli dell’inferno.

13. Risuscitò i morti, i quali, usciti fuori, parlarono, camminarono, bevvero e mangiarono, continuando per grazia di Dio a vivere, poi, per molto tempo, invocando l’aiuto del Santo.

14. Candele da lui benedette, gettate in abitazioni che ardevano ed erano già in parte consumate, fecero cessare il fuoco e spegnere l’incendio.

15. Povere donne, in preda alle doglie, partorirono felicemente. Molti uomini in gravi pericoli, per terra e per mare, furono salvati perché soccorsi dalla sua preghiera, dai suoi meriti, dai rosari, dalle candele da lui benedette, da cingoli e altre devozioni da lui donate. Similmente, dette candele fugarono tuoni e tempeste.

16. Alcuni parlando con lui, altri raccomandandosi alle sue preghiere, altri portando addosso qualcosa data da lui, altri ancora avendo speranza e fiducia in lui, furono preservati da molti pericoli e momenti critici di guerre e battaglie, per terra e per mare, in carcere e in ogni altra tribolazione.

17. Molti, per mezzo suo, furono arricchiti di grandi virtù, nobilitati da buoni costumi, si pentirono dei loro peccati e furono così ricondotti nella via della salvezza.

18. Operò innumerevoli prodigi nelle creature, oltre le forze della natura. Da ciò appare che la potenza di nostro Signore era nel suo Servo.

19. Quanti sperano e confidano in lui, e quanti ogni giorno, in cose necessarie alla loro salvezza, gli affidano i loro affari ad onore di Dio, trovano nelle sue preghiere la grazia e la salvezza. Il che è chiaro da tante persone buone, ma in grande desolazione, le quali ricevettero da Dio grande conforto, per i meriti di Francesco; tanto che, in seguo di riconoscenza per la grazia ricevuta, vennero da lui a portare generosamente le loro offerte.

20. Coloro i quali hanno sperimentato la sua protezione e l’hanno riconosciuta valida al di qua e al di là dei monti, in diverse nazioni, se si presentassero davanti a voi per attestare e confermare quanto è sopra narrato, forse il vostro solo udito non reggerebbe ad ascoltarli tutti quanti.

21. Ma, a questo punto, si potrebbe obiettare: «Perché, allora, non vengono esauditi tutti coloro che si raccomandano a lui»? Si potrebbe rispondere: «Molti soffrono materialmente, perché possano vivere spiritualmente». S. Paolo diceva: Quando sto infermo, allora mi sento forte. Da ciò si vede che Dio opera tutto per un bene superiore.

22. Il Maestro delle sentenze insegna che le afflizioni e tribolazioni temporali e corporali Dio le permette e il diavolo ce le procura, perché così ci sia dato di pensare alla felicità eterna e spirituale, o per umiliarci (Dio) o per tentarci (il diavolo) oppure perché possiamo acquistar meriti e scontare quaggiù i nostri peccati. Perciò, quando ci rechiamo al sepolcro dei Santi, per chiedere la guarigione del corpo, essi intuiscono in maniera chiarissima il Verbo Divino, e in Lui conoscono per qual fine Dio ha ciò ordinato, vedendo ivi la sua volontà. E possiamo ben credere che, se la cosa giovasse alla nostra salvezza, Dio ci concederebbe quello che chiediamo. Ma, siccome preferiamo i beni temporali e materiali a quelli eterni e spirituali, ecco che non veniamo esauditi. Aspirare al papato, al regno, all’impero e alla monarchia del mondo, non è scintilla di gaudio di Dio. Per questo motivo N.S. Gesù Cristo, vedendo molte volte che i suoi discepoli chiedevano solo beni terreni, posponendo quelli celesti, li riprese dicendo: Fino a questo momento non mi avete chiesto nulla. Come se dicesse: Chiedete (quello che giova alla salvezza del-l’anima, cioè alla vita eterna), e lo riceverete ecc.

23. Noi pienamente crediamo che l’Uomo di Dio, il benedetto S. Francesco di Paola, possedeva la fede dei Patriarchi, per il fatto che abbandonò la patria e gli amici a somiglianza di Abramo, al quale ordinò il Signore: Esci dalla tua terra e dai tuoi parenti ecc.

24. Possiamo ritenere fondatamente che egli possedeva la virtù della profezia, avendo rivelato e predetto molti eventi futuri; prevedendo le tribolazioni e le afflizioni pronte a piombare sulla Chiesa, e quelle addirittura imminenti (come guerra, fame, morti); ne pianse spesso teneramente.

25. Risulta chiaro che egli possedeva lo zelo degli Apostoli. In tutte le sue attività cercava solo la gloria di Dio e la salvezza dei poveri peccatori. La sua austera conversazione era per noi una predica salutare: si studiava di mangiare poco, di dormir poco, e insieme lavorar molto, far molto, pregare e contemplare.

26. Si prefisse e ordinò nella su Regola che i suoi Religiosi dormissero sulla paglia o sul fieno, come avvenne per nostro Signore Redentore Gesù Cristo, nel presepe, fra animali.

27. L’Uomo di Dio, per fare grande penitenza e astinenza, soleva portare il cilicio: menava vita austera, disciplinandosi ed esercitandosi nella mortificazione di tutte le passioni, con digiuni, veglie ed altre sofferenze indicibili.

28. Aveva grande compassione dei tanti infelici, in preda ad afflizioni fisiche e morali, per terra e per mare. A tale compassione era anche mosso dalla vita sensuale di molti peccatori, che perdono così la vita presente e quella futura, vedendo poi che i peccatori e i bestemmiatori crocifiggevano così, di nuovo, Gesù Cristo. Per questo motivo il Servo di Dio viveva tutto mortificato e martirizzato nel cuore e nel corpo.

29. Appare ben chiaro che l’Uomo di Dio era un santo Confessore, dato che le sue preghiere e le sue invocazioni a Dio erano piene di tanto vigore e di tanta virtù, che gl’infermi ne venivano completamente risanati; e alcuni, morti nel corpo, e parecchi nell’anima, furono risuscitati.

30. Poiché menò una vita angelica fin dai suoi primi anni, è, a buon diritto, amico delle sante Vergini che cantano begli inni e dolci canti dinanzi al Re dei re e alla Vergine delle vergini.

31. Dio onnipotente lo aveva arricchito e nobilitato con ogni specie di virtù e spirituale felicità; sicché possiamo dire giustamente di lui quello dell’Ecclesiastico: Un vaso d’oro massiccio e ornato di ogni pietra preziosa, e l’altro del Salmista: Il Signore rese prodigioso il suo Santo.

32. Questo libro è stato presentato al Santo Padre, Papa Leone X. Compendia la sua vita (cioè di S. Francesco di Paola), la sua fama. I tanti e si grandi miracoli, che Dio operò e continua a operare ogni giorno, per intercessione del suo buon Servo, dimostrano in modo esauriente che l’Uomo di Dio era di grande santità. Coloro, poi, che hanno visto e letto questa Vita, sono rapiti di meraviglia per quanto ivi è contenuto.

33. Egli volle osservare e custodire la legge naturale, i comandamenti di Dio dell’antica e nuova Legge; cercò di amare e onorare Dio col cuore, con le labbra e con le opere, di servirlo e obbedirgli con tutti i suoi sensi e con tutta la sua mente.

34. Ebbe, per speciale divino favore, in pieno possesso le virtù morali, cardinali e teologali; le beatitudini promesse ai santi Patriarchi e Profeti, agli Apostoli, ai Martiri, ai Confessori, alle Vergini, agli Eremiti e agli Anacoreti: le ricercò, come un secondo Elia e un S. Giovanni Evangelista, con la pratica della virtù e la palma della vittoria. Così soppiantò vittoriosamente il mondo, la carne, il demonio.

35. Fu degno di lode nella sua infanzia, caritatevole nella sua adolescenza, degno di onore nella sua giovinezza e molto amabile nella sua vecchiaia, vegliando in ogni tempo, facendo penitenza per novant’anni.

36. Di meglio in meglio, di virtù in virtù, l’Uomo di Dio, senza interruzione, si studiò di perseverare in ogni buona devozione, nella santa Religione, che è per i Religiosi buoni un paradiso terrestre. E operò così santamente, da entrare nella Patria celeste, il Paradiso, per regnare eternamente con il Re dei re, con la Vergine delle Vergini, con gli Angeli e gli Arcangeli, e con i Santi tutti. Amen.

Fine della vita e dei miracoli di S. Francesco di Paola, Fondatore dell’Ordine dei frati minimi

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